ONE TWO THREE, VIVA L'ALGERIE

Qualche tempo fa un affezionato degli 11IS ha pubblicato sulla pagina FB del gruppo un' interessantissima intervista ad Adel Taraabt, centrocampista dei Queens Park Rangers, personaggio dalla lingua che taglia cuce e fa l'orlo a giorno, il quale, dopo aver detto peste e corna del Campionato Italiano e aver sproloquiato cazzate circa l'Islam, Allah e il Ramadam (nulla contro i mussulmani, come non ho nulla contro i cattolici più ferventi, come non ho nulla contro i negri, i napoletani, gli omosessuali -purchè tutti questi fenomeni non si presentino contemporaneamente-, ecc... ma quando trovo qualche idiota che ne parla con fanatismo, mi vien la mosca al naso, o meglio sarebbe dire un esercito di mosche, considerate le fattezze del mio pretty noose), se n'è uscito con un passaggio che mi ha molto colpito.


Un tipico pezzo algerino di quei tempi

Leggete attentamente perchè la seguente dichiarazione fa da premessa all'articolo.

Berta in una foto di repertorio

[Sulla scelta di giocare per il Marocco piuttosto che per la Francia] Mio padre, marocchino, insisteva per i Bleus, ma a casa si mangia e si parla arabo. Mi sento francese, ma l'inno del Marocco mi fa vibrare più della Marsigliese. E la Francia ha un problema di razzismo. Se scoppiano casini in nazionale è sempre colpa dei neri, dei Nasri, Ben Arfa, Benzema, mai dei Menez che non è neanche un cognome francese. Allora tanto vale convocare solo bianchi.”

Primo punto di riflessione: godo sempre a bestia quando scopro che gli impeccabili cugini d'oltremanica hanno gli stessi problemi che abbiamo noi, ma in misura maggiore.
Il secondo punto di riflessione lo suggeriva invece la versione cartacea della Gazzetta del giorno in questione, che, in un minuscolo trafiletto a fianco dell'intervista a Taraabt, riportava il caso di alcuni giocatori francesi di ormai cinquant'anni fa, i quali abbandonarono la casacca bleus e decisero di giocare per quella che, a distanza di qualche tempo, sarebbe divenuta la Nazionale dell'Algeria.

Specialità del giorno, illustre sconosciuto della puntata: Rachid Mekhloufi (venendo incontro alle vostre limitate capacità di comprensione si pronuncia “Meclufì”)

Berta in un'altra foto di repertorio

Rachid nasce a Sétif, Algeria francese, nel 1936, ma cresce in Francia che è cosa diversa, che è la Madrepatria. Coi piedi è bravo, e dai 18 ai 22 anni gioca come centrocampista per il fortissimo St. Etienne e per la Nazionale francese. Per capirci: si tratta di un calciatore incredibile, è come se adesso parlassimo di Karim Benzema, o qualche anno fa avessimo parlato di Zinedine Zidane (e non è un caso che lo stesso Mekhloufi fosse definito il Monsieur Football dell'epoca).
Beh, nel 1958 Rachid Mekhloufi sparisce dalla circolazione e, come se non bastasse, nello stesso momento scompaiono altri dieci giocatori di origine algerina che giocavano ai vertici del campionato francese. Come idea immaginate che il Real di oggi debba giocarsi il Clasico e alla domanda:”Perché non gioca Benzema?”, Jose Mourinho risponda:”Chi nisuno sa”.
Beh, magari come paragone non ci siamo, ma solamente perché è ben difficile trovare una storia paragonabile a questa.

Occhio perché questa è una delle più belle pagine incollate della storia del calcio.

Prima però facciamo un quadro della situazione geopolitica della Francia del tempo.
L'Algeria è una colonia francese che la Madrepatria controlla a fatica attraverso qualche bel discorso di De Gaulle, qualche captatio benevolentiae, due o tre vetrini colorati con cui i selvaggi del deserto possano divertirsi, ma soprattutto in virtù dell'appoggio di un governo militare in loco.
Ma si sa, i francesi sono speciali nel costruire immensi castelli di merda che sono irrimediabilmente destinati a crollare, e la situazione algerina di fine anni '50 non fa difetto.
Esiste infatti un Fronte di Liberazione Nazionale che combatte per l'indipendenza dell'Algeria dalla Francia, e che si sta trasformando sempre più velocemente in una faccenda dannatamente seria. E quando i proclami di grandeur cominciano ad andare a puttane, i francesi sono eccelsi anche in un'altra specialità: cadere dalle nuvole e meravigliarsi del perché le cose siano andate in vacca.


A 2' e 50'' un Rachid un po' invecchiato spiega cosa successe nel 1958, tra l'altro all'alba dei mondiali in Svezia dove comunque i Bleus riuscirono a fare bella figura, nonostante l'assenza dei “mezzi-francesi” e grazie ad un altro straordinario giocatore, di cui ovviamente Santu ha già parlato qualche tempo fa, JustFontaine.

We decided to reject it all. In spite of our Selection, and in spite of the potential fame, money and wealth we could have earn. We went to join on with the National Liberation Front, we wanted to represent Algeria in matches across Europe and the Arab World.”

Quanto dice Mekhloufi, converrete, è tanta roba.
Ai mondiali del 1958 diventa famoso Just Fontaine perché realizza un numero di gol “sufficiente” (sì, è un eufemismo) per lucrarci sopra tutto il resto della sua vita, e passarsela alla grande, ma di Rachid non si fa menzione se non per chiedersi dove diavolo sia mentre la Francia rischia di vincere un Campionato del Mondo.
Ebbene Rachid ha altro da fare.
Con un'insostenibile leggerezza dell'essere degna solo dei ventenni con un sacco di belle idee in testa (o degli stupidi, vedete un po' voi) decide che la cosa più importante in quel momento della sua vita (e in quel momento della storia dell'Algeria) è dare vita alla Selezione nazionale di uno Stato che non esiste ancora. Convince i ragassi franco-algerini come lui a seguirlo e questi, dopo aver abbandonato la Francia one by one, cominciano a giocare per una nazionale che non esiste, una squadra che passerà alla storia col nome di FLN football team.


Torniamo un secondo ad Adel Taraabt, l'omino che volente o nolente ha dato il la a questa sbabbela. Il centrocampista del QPR ha deciso di rinunciare alla nazionale francese scegliendo il Marocco senza alcun macigno sullo stomaco, una mossa che mi sentirei di definire quasi indie, quell'indie che però ci ha bellamente rotto i coglioni.
Perché fondamentalmente cosa cazzo glie ne frega?
A casa sua parlano arabo e quindi lui si sente marocchino, bene, bravo, hai vinto un mappamondo! come dice Jules Winnfield in Pulp Fiction.


Intanto però, carissimo il mio Adel, non rinunci alle sterline che ti danno a Londra e così è facile, cocco, molto molto facile. Manca il cuore che ha sempre ragione e manca l'amore che, come ebbe a dire una volta mio zio Enzo mentre scavava col cucchiaio quel che rimaneva della sua miscela Leone, muove il sole e le stelle.


Spesso qualcuno diventa celebre se qualcuno più celebre di lui lo riconosce come tale, e ad aver onorato Mekhloufi di tale pregio è Eric Cantona, l'unico, sempre stando all'intervista ad Adel Taraabt, di cui Ferguson conserva la foto nell'ufficio.

Per Ferguson starei pure zitto in panchina e lavorerei duro. Ha creato un mito come Cantona, altro marsigliese, ma con un carattere peggiore del mio: non potrei mai aggredire un tifoso. Però alla fine c'è solo la sua foto nell'ufficio di Ferguson".

Le Roi di Manchester pochi mesi fa si è adoperato nella realizzazione di una serie di documentari sui ribelli del calcio, chiamato per l'appunto ”Les Rebelles du foot”, in cui parla anche del nostro Rachid.
Che sia troppo? Non credo.

Diobo Socrates se è figo.

Come dice il vecchio barbuto verso la fine del video soprapostato, quando si è rivoluzionari esistono molti modi per ribellarsi, ma ne esistono alcuni che non prevedono l'uso di armi e per quei ragazzi l'unico sistema era quello di tirare calci ad un pallone, e questo non perché avessero semplice voglia di giocare ma perché era l'unico sistema con cui potessero sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale circa il problema dell'indipendenza algerina.
Per la serie:”Se ci sentiamo parte di una Nazionale di calcio, come è possibile che il mondo non si accorga che forse apparteniamo ad una nazione diversa da quella scritta sui nostri passaporti coloniali?”

Vennero considerati disertori belli e buoni, e una volta sbarcati in Tunisia, dove li accolsero, non solo cominciarono a giocare per il Fronte di Liberazione Nazionale contro le selezioni di altri nazioni arabe e dell'Europa dell'Est, raccogliendo tra l'altro 65 vittorie su 91 partite disputate (furono definiti “I diamanti bruni”), ma diventarono il simbolo di quello che sarebbe poi stato il governo algerino, incontrando, in prima persona, diversi capi di governo del tempo.

Nel 1962 l'Algeria proclamò la propria indipendenza dalla Francia, e il compito di Rachid Mekhloufi e dei suoi diamanti bruni poté dirsi concluso e la sua “finta” nazionale acquistò i crismi dell'ufficialità. Non solo venne riconosciuta la sovranità di una nazione, ma anche la legittimità di quella nazionale che il Diamante Bruno di Sant'Etienne aveva contribuito a creare.

Finita qua questa bella storia cosparsa di melassa disneyana?
Manco po 'o cazz.
Due domande su tutte.
  • Che fine fece Rachid?
  • Che cosa combinò l'Algeria?

Mekhloufi, all'età di 25 anni (quindi nel pieno della sua carriera agonistica), tornò a giocare in Francia per la stessa squadra che quattro anni prima aveva abbandonato: il St. Etienne, che lo reintegrò senza troppi intoppi.



L'Algeria si affermò come una realtà calcistica di valenza continentale e mondiale, toccando il punto più alto della sua storia nel 1982, quando, qualificata per la prima volta ai Campionati del Mondo, nel proprio girone batté per 2 a 1 la grande favorita del Mundiàl spagnolo: la Germania Ovest.
Se avete guardato attentamente il primo video postato sapete già dire chi fosse l'allenatore degli eroi algerini che sconfissero i crucchi. Se non siete stati attenti andate al 40'' e tenete aperti occhi e orecchie. Se non ne avete voglia ve lo dico io: è proprio lui, Rachid Mekhloufi, quello che aveva asfaltato la strada per tutti.

Come dicono da quelle parti: one two three, VIVA L'ALGERIE!

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